Con il Decreto Economia, l’Italia recepisce la Direttiva UE “Stop the Clock” e rinvia di due anni gli obblighi di rendicontazione di sostenibilità. Slittano le scadenze CSRD, mentre a livello europeo si discutono criteri e semplificazioni.
Vediamo in questo articolo tutti i dettagli.
Obblighi ESG rinviati: cosa cambia con il Decreto Economia
Il 6 agosto 2025 la Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva il Decreto Legge n. 95/2025, meglio conosciuto come “Decreto Economia”, già pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 30 giugno e approvato dal Senato il 31 luglio con voto di fiducia.
Il provvedimento contiene una serie di misure urgenti a sostegno di attività economiche, infrastrutture, trasporti e interventi di carattere sociale, ma riveste un’importanza particolare per le imprese in materia di rendicontazione di sostenibilità.
All’articolo 10, comma 1-bis, il testo recepisce ufficialmente in Italia la Direttiva UE 2025/794, nota come “Stop the Clock”, che introduce un rinvio di due anni per l’applicazione degli obblighi di pubblicazione della Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD).
Si tratta di un intervento che allinea la normativa nazionale agli orientamenti comunitari e che consente alle aziende di beneficiare di un periodo più ampio per adeguarsi ai nuovi standard.
La CSRD, introdotta dalla Direttiva 2022/2464/UE, prevede che un numero crescente di imprese debba rendere pubbliche informazioni dettagliate sulle proprie performance ambientali, sociali e di governance (ESG).
L’obiettivo è garantire maggiore trasparenza e comparabilità dei dati, così da favorire decisioni consapevoli da parte di investitori, clienti e altri stakeholder.
Con il recepimento della Direttiva “Stop the Clock”, le scadenze originarie sono state posticipate di due anni. Questo significa che le aziende interessate avranno più tempo per:
- predisporre sistemi di raccolta dati conformi agli European Sustainability Reporting Standards (ESRs);
- formare il personale coinvolto nei processi di rendicontazione;
- rivedere procedure e flussi informativi interni;
- integrare le pratiche di sostenibilità nella strategia aziendale in modo strutturato.
Il rinvio, pur essendo un atto dovuto in quanto derivante da un obbligo di armonizzazione con la normativa UE, rappresenta un’opportunità concreta per le imprese italiane, che potranno affrontare il cambiamento con maggiore gradualità.
Un contesto europeo in evoluzione
Il rinvio si inserisce in un quadro comunitario in movimento. All’interno del Parlamento europeo è infatti in corso un dibattito sui criteri dimensionali che determinano l’obbligo di applicazione della CSRD.
In particolare, si sta discutendo di possibili modifiche alle soglie relative a numero di dipendenti e fatturato, con l’obiettivo di calibrare meglio la platea delle imprese coinvolte.
Parallelamente, il 31 luglio 2025 EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group) ha avviato una consultazione pubblica sulle nuove versioni semplificate degli standard ESRs.
La consultazione resterà aperta fino al 29 settembre 2025 e mira a rendere più accessibile l’adozione della rendicontazione di sostenibilità, soprattutto per le piccole e medie imprese.
Per molte realtà, soprattutto quelle di dimensioni ridotte, il rinvio di due anni costituisce un sollievo operativo ed economico. Adeguarsi agli standard CSRD richiede infatti:
- investimenti in sistemi informativi;
- revisione delle procedure di governance;
- coinvolgimento di fornitori e partner per il tracciamento dei dati;
- implementazione di controlli interni e verifiche di conformità.
Disporre di più tempo significa poter programmare meglio le attività e ridurre il rischio di errori o inadempimenti.
Al contempo, le aziende che sceglieranno di anticipare l’adeguamento potranno beneficiare di un vantaggio competitivo in termini di reputazione e di attrattività verso investitori attenti ai criteri ESG.
Alcune prospettive future
Il Decreto Economia non rappresenta un passo indietro nella strategia nazionale di sostenibilità, ma piuttosto una rimodulazione dei tempi per garantire un’applicazione più solida e coerente delle regole.
L’Italia, in linea con l’Unione europea, mira a favorire una transizione che sia allo stesso tempo ambiziosa e realistica, evitando di mettere in difficoltà le imprese meno strutturate.
Con la conclusione della consultazione EFRAG e la definizione definitiva dei criteri dimensionali, si avrà un quadro più chiaro sugli obblighi futuri.
Nel frattempo, le aziende hanno l’opportunità di utilizzare questi due anni aggiuntivi per rafforzare le proprie politiche ESG e integrare la sostenibilità come elemento strategico e non solo come adempimento normativo.