Traffico illecito di rifiuti: la Cassazione conferma le condanne con la sentenza n. 24722/2025

Con la sentenza n. 24722/2025, la Corte di Cassazione ha respinto i ricorsi contro una condanna per traffico illecito di rifiuti. Confermata dunque la responsabilità penale e l’illiceità delle operazioni svolte tra 2009 e 2013.

Vediamo in questo articolo tutti i dettagli. 

Attività non autorizzata, rifiuti extraregionali e flussi ingenti: rigettati tutti i ricorsi per il traffico illecito di rifiuti 

Con la sentenza n. 24722/2025, depositata il 7 luglio, la Corte di Cassazione ha confermato in via definitiva la condanna per attività organizzate finalizzate al traffico illecito di rifiuti (art. 452-quaterdecies c.p.) nei confronti di tre imputati che operavano nel settore del recupero dei rifiuti in Campania.

Il giudizio di legittimità ha rigettato tutti i motivi di ricorso proposti, giudicandoli inammissibili o manifestamente infondati.

Le attività oggetto del procedimento si sono svolte nel periodo dal 2009 al 2013. Le imprese coinvolte trattavano diverse tipologie di rifiuti attraverso impianti situati nel territorio salernitano.

Secondo l’accusa e i giudici di merito, la gestione avveniva in assenza delle necessarie autorizzazioni regionali e al di fuori dei limiti consentiti dalle procedure semplificate previste dal D.Lgs. 152/2006.

L’operato illecito era stato ricondotto a tre flussi principali:

Le indagini erano state supportate da numerosi sopralluoghi dell’ARPAC, intercettazioni telefoniche e documentazione amministrativa, elementi che hanno portato alla condanna in primo grado, confermata in appello con lievi riduzioni delle pene.

I motivi di ricorso

I ricorrenti avevano sollevato numerose eccezioni davanti alla Corte di Cassazione:

Il profilo sanzionatorio

In secondo grado, le pene erano state ridotte rispetto al primo grado: rispettivamente a 2 anni e 4 mesi, 2 anni e 1 anno e 10 mesi di reclusione, con sospensione condizionale concessa a un solo imputato.

Gli altri hanno visto confermare le pene accessorie e le interdizioni dai pubblici uffici, sebbene rimodulate. Un ulteriore motivo di ricorso riguardava proprio la mancata concessione del beneficio della sospensione della pena.

Tuttavia, la Cassazione ha spiegato che uno dei condannati non aveva i requisiti richiesti, poiché già destinatario di sospensione condizionale per una condanna precedente.

La Corte ha ribadito l’inammissibilità dei ricorsi per difetti strutturali (genericità, ripetizione di motivi già respinti in appello) e per infondatezza manifesta. Ma soprattutto ha consolidato alcuni punti giurisprudenziali fondamentali:

La sentenza n. 24722/2025 chiude dunque un lungo iter giudiziario su un caso di illecita gestione di rifiuti con rilievi significativi in ambito ambientale.

La Cassazione conferma ancora una volta che il rispetto delle autorizzazioni ambientali non è una formalità, ma un elemento essenziale per garantire la legalità nelle attività di trattamento dei rifiuti.

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