Digestato agroindustriale: quando perde la qualifica di sottoprodotto?

Con la risposta all’interpello n. 121740 del 26 giugno 2025, il Ministero dell’Ambiente chiarisce quando l’impiego di biomasse End of Waste nel biogas compromette la qualifica di sottoprodotto del digestato.

Vediamo in questo articolo tutti i dettagli. 

Quando il digestato non è più un sottoprodotto? Cosa prevede il decreto 5046/2016

Come anticipato, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE), con la risposta all’interpello n. 121740 del 26 giugno 2025, ha fornito chiarimenti rilevanti per gli operatori del settore agroindustriale.

In particolare per chi gestisce impianti di digestione anaerobica destinati alla produzione di biogas.

Al centro della questione: la qualifica giuridica del digestato, ovvero il residuo del processo di digestione anaerobica, e i casi in cui possa ancora essere considerato sottoprodotto anziché rifiuto.

Il dubbio nasceva dalla richiesta di un operatore che chiedeva se l’introduzione, nel digestore, di biomasse qualificate come End of Waste (EoW), in particolare solide e liquide, autorizzate ai sensi dell’art. 208 del d.lgs. 152/2006 e conformi alla norma tecnica UNI 11922:2023, potesse comportare la perdita della qualifica di sottoprodotto del digestato. 

Ciò pur rispettando le condizioni generali dell’art. 184-bis del medesimo decreto. In questo contesto, la risposta del Ministero richiama, in primis, il decreto ministeriale n. 5046 del 25 febbraio 2016. 

Il quale detta le condizioni per la qualificazione del digestato come sottoprodotto ai fini dell’utilizzazione agronomica.

In particolare, l’articolo 22 del decreto stabilisce che tale qualifica è concessa solo se il digestato proviene da impianti (aziendali o interaziendali) alimentati esclusivamente con materiali elencati nello stesso articolo

Inoltre, a condizione che siano rispettate le regole tecniche specifiche per l’utilizzo in campo.

Il successivo articolo 24, in linea con l’art. 184-bis del Testo Unico Ambientale, individua in modo dettagliato le condizioni che il produttore deve dimostrare per evitare che il digestato sia considerato rifiuto. 

Queste condizioni sono quattro, indicate con le lettere da a) a d), e rappresentano un vero e proprio filtro tecnico e giuridico.

Il punto critico: la provenienza delle matrici

Il MASE si sofferma sulla condizione a) dell’articolo 24: per essere sottoprodotto, il digestato deve derivare da un impianto autorizzato alimentato solo con le sostanze dell’articolo 22, comma 1.

Nel caso in esame, le matrici impiegate nel biodigestore comprendevano biomassa ottenuta dal trattamento di rifiuti organici agricoli, alimentari e agroalimentari, qualificata come End of Waste. 

Tuttavia, questo tipo di biomassa non è elencata tra le matrici ammesse dal citato articolo 22.

Pertanto, anche se la biomassa è stata formalmente trasformata in EoW, quindi non più giuridicamente rifiuto, la sua origine da un processo di recupero la esclude comunque dalle matrici ammissibili per la produzione di digestato considerabile sottoprodotto ai fini dell’impiego agronomico.

La conseguenza di questo chiarimento è rilevante per tutti gli operatori che intendono utilizzare prodotti End of Waste come co-substrati nei biodigestori. 

Ciò poichè la qualifica di sottoprodotto del digestato viene meno se anche solo una delle matrici impiegate non rientra tra quelle autorizzate dal decreto 5046.

In altri termini, anche se il digestato finale dovesse rispettare tutti i requisiti agronomici e ambientali, l’utilizzo di una biomassa non ammessa all’origine lo qualifica automaticamente come rifiuto, con conseguente necessità di autorizzazione per la gestione e l’utilizzo.

L’operatore aveva segnalato la conformità della biomassa alle specifiche della norma tecnica UNI 11922:2023, che definisce le caratteristiche delle matrici destinate agli impianti di biogas. 

Tuttavia, il Ministero sottolinea che tale norma non può superare i limiti imposti dalla normativa primaria.

Infatti, le norme tecniche possono integrare i criteri ambientali, ma non modificare i presupposti giuridici su cui si basa la qualifica del digestato. 

In questo caso, il rispetto della norma UNI non è sufficiente a reintegrare nel perimetro del sottoprodotto un digestato derivante da matrici escluse dal decreto.

Un chiarimento che rafforza il principio di precauzione

Questa posizione del MASE conferma un orientamento interpretativo già espresso in precedenti occasioni. 

Vale a dire che l’utilizzo agronomico del digestato richiede la massima cautela nella scelta delle materie prime, anche se esse sono formalmente uscite dal regime dei rifiuti grazie a processi di recupero.

Il legislatore ha voluto dunque stabilire criteri stringenti, finalizzati a tutelare la qualità del suolo e prevenire contaminazioni. Per questo, la qualifica di sottoprodotto è concessa solo a condizioni rigorose e tipizzate, senza possibilità di estensioni interpretative.

In altre parole, il digestato prodotto in impianti che utilizzano anche biomasse End of Waste di origine organica non può essere qualificato come sottoprodotto per l’uso agronomico, a meno che tali matrici non siano espressamente previste dal decreto 5046/2016.

Questo chiarimento rappresenta dunque un importante punto di riferimento per il settore della digestione anaerobica, richiamando le imprese a una rigorosa attenzione nella selezione delle materie prime, anche quando formalmente non più classificate come rifiuti. 

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